La Torre Ottagonale

Lo sguardo di chiunque giunga a Valentano è catturato, fin da lontano, oltre che dall’alto campanile della Collegiata di San Giovanni Evangelista, dalla caratteristica torre ottagonale della Rocca Farnese. Due emblemi, civile e religioso attorno ai quali, per secoli, si è svolta la vita del borgo e della sua popolazione.
Come noto, nel IX e X secolo d.C. in Italia la maggior parte dei villaggi fu circondata da mura o almeno munita di una torre per l’avvistamento di eventuali nemici. Si tratta del fenomeno noto come “incastellamento” che portò ad un grande cambiamento del paesaggio italiano.

Anche Valentano subisce questo cambiamento, testimoniato appunto e in primo luogo dalla torre che si erge all’estremità sud del borgo. Non sappiamo che aspetto avesse questa torre più antica. 

Quella attuale, con la sua inconfondibile forma, risale al 1296, quando l’intero complesso fu ricostruito dopo le distruzioni subite durante la guerra tra Orvieto e Viterbo e a causa dell’incendio del 1252 che distrusse buona parte del paese di Valentano.

La torre in origine si trovava all’esterno della Rocca, collegata con essa da un ponte levatoio posto molto in alto rispetto al suolo ed era coperta; l’ampliamento successivo risalente ai Farnese ha inglobato una parte che ora si trova all’interno della Rocca.

All’interno di essa sono ricavate due piccole sale espositive: quella del primo piano, al tempo di permanenza degli Zuavi pontifici adibita a cella di rigore come testimoniano sui muri disegni e scritte dei soldati imprigionati ancora visibili, ospita oggi la Collezione Etrusca D’Ascenzi; quella al secondo piano è dedicata alla cosiddetta Tavoletta Enigmatica della Caldera di Latera.

La Torre Ottagonale, alta circa 26 metri, è completamente accessibile fino alla sommità ed offre a tutti i visitatori la possibilità di ammirare il panorama naturale circostante (lago di Bolsena, il “piano” (la Caldera di Latera), la pianura vulcente fino al mar Tirreno) e permette di ritrovare nella “terra rossa” del monte Starnina lo sfondo di una famosa sequenza del celebre film di M. Monicelli “L’Armata Brancaleone” (1966).